LA PLASTICITA’ NEURONALE – IL NOSTRO CERVELLO CONTINUA A MODIFICARSI

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Spesso si pensa che il cervello si sviluppi durante l'età dell'infanzia, durante l'adolescenza e che raggiunga l’apice verso i 25 anni, quando la persona dovrebbe aver acquisito le capacità di base e complesse per svolgere le attività della vita quotidiana. Invece, numerose ricerche hanno provato che il nostro cervello non smette mai di modificarsi e di svilupparsi. Ci sono certi momenti della vita, chiamati “periodi critici”, in cui il cervello è particolarmente sensibile alle esperienze che possono portare alla sua modificazione, ma in realtà esso non sta mai “fermo”.

Questo fenomeno viene chiamato “plasticità neuronale“, ovvero la capacità del cervello di modificare la propria struttura, aumento o diminuzione delle dimensioni, e le proprie funzioni, incremento del numero e/o della velocità degli scambi tra neuroni, in base alle esperienze vissute dall’individuo nel suo ambiente. Per esempio, un bambino che ha sempre parlato in italiano, e perciò le connessioni neuronali nell'area linguistica del cervello sono “impostate” per questa lingua, all'età di 10 anni si trasferisce in Germania.

 L'età critica per imparare una lingua, ovvero l'età in cui un bambino fa meno fatica ad apprendere lingue nuove, è circa fino ai 3 anni, dopodiché le connessioni neuronali sono formate per quella lingua. Questo però non implica che il bambino non possa imparare una nuova lingua, in questo caso il tedesco. La plasticità neuronale gli permette di “ristrutturare” l'area linguistica del cervello per creare spazio alla seconda lingua. Ovviamente questo esempio vale anche per gli adulti, che avranno bisogno solo di un po' più di tempo per imparare una nuova lingua, in quanto la plasticità neuronale è più veloce ed efficace quanto più si è giovani.

Dopo alcuni mesi di esposizione al tedesco, nell’area cerebrale deputata al linguaggio si saranno create nuove connessioni e gli scambi tra i neuroni saranno diventati più veloci e numerosi per sostenere questo nuovo apprendimento.

La plasticità neuronale entra in gioco in qualsiasi processo di apprendimento e memorizzazione: ripetere più volte una certa attività (basti pensare agli sportivi che devono acquisire determinate sequenze motorie, ad esempio nel salto in lungo) o una determinata lezione (nel caso degli studenti), porta ad un rafforzamento e a un consolidamento dei circuiti neuronali connessi a tale attività.

PLASTICITA’ NEURONALE E DSA.

Date queste premesse è più semplice capire in che modo un trattamento di tipo motorio possa avere degli effetti sui disturbi dell’apprendimento.

E’ ormai dimostrato che i DSA sono un disturbo a base neurobiologica che coinvolge anomalie dell’organizzazione strutturale e funzionale dei circuiti cerebrali, i quali possono causare dislateralità, disordini verbali, sofferenza alla confusione e alla pressione, alternanza lentezza-precipitazione e difficoltà nell’orientamento spazio-temporale, nel coordinamento motorio e della percezione uditiva e visiva, nelle funzioni esecutive, nella memoria e nelle rotazioni. Tutte funzioni che sono direttamente collegate alle attività scolastiche.

Il trattamento motorio, basato sull’esecuzione di sequenze motorie accompagnate da attività sul pensiero, sul linguaggio, sulla memoria e sugli apprendimenti, ha allora lo scopo di innescare processi intensivi di attivazione neurofisiologica e un aumento dei flussi cerebrali tra gli emisferi.

I risultati:

  1. Modifica e potenziamento diretto della struttura e della funzionalità delle connessioni cerebrali.
  2. Conseguente miglioramento delle capacità legate agli apprendimenti scolastici, ma anche a molte attività della vita quotidiana.
  3. Aumento dell’autostima e miglioramento delle relazioni con gli atri e con l’ambiente.

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